Le manine laboriose quante cose sanno far e le dita industriose mai ..

“”Le manine laboriose quante cose sanno far…  e le dita industriose mai non smetton di lavorar…..

Era una filastrocca che cantavo da bambina mimando con le mani il significato delle parole, era una cantilena che stimolava a muovere in diverse posizioni la mano, il polso e le dita ad una ad una. Questa semplice filastrocca, come gli antichi rimedi della nonna, era un “sapere” semplice che nascondeva una ricchezza che pochi immaginano.

Il poter articolare polsi e mani muovendo le dita faceva sì che i confini manuali si dilatassero e che la mano esplorasse senza fatica posizioni e direzioni diverse, abilità necessarie e indispensabili per la scrittura.

Ma perché gli attuali giochi dei bambini sono strumenti per indurlo all’immobilismo fisico e mentale?

Perché ai bambini viene dato in mano prima un ipad di una matita colorata?

Perché non si scrive più a mano?

Abbiamo perso quasi completamente il contatto fisico con le cose e con le persone. I numerosi ”amici” dei network spesso sono persone che non abbiamo mai neanche visto eppure passiamo un sacco di tempo con loro…

La strepitosa tecnologia che negli ultimi anni ha messo in rete l’intero pianeta Terra, di fatto,  poi,  ci separa e ci isola. La maggior parte del tempo viviamo ormai davanti ad un piccolo schermo occhi fissi a guardare una luce poco naturale mentre  le dita  scorrono velocissime sulla minuscola tastiera del cellulare ma, quali dita? C’è chi usa solo un pollice, chi tutti e due; chi, invece, come me, usa un solo l’indice della mano destra.

Perché dico questo? Dove voglio arrivare?

Sai bene che ogni movimento corporeo è “ordinato e coordinato” dal cervello e che il nostro perfetto e complesso sistema nervoso fa sì che ogni più piccolo gesto è l’istantaneo risultato di centinaia di neuroni che viaggiano alla velocità della luce per mandare l’informazione da una parte all’altra del nostro corpo. Siamo tutti consapevoli di usare solo la minima parte del potenziale cerebrale che, invece,  tutti noi vorremmo a disposizione in modo completo.

Fu il neurologo canadese Wilder Penfield, riprendendo studi di Korbian Brodman, a rappresentare una mappa somatotopica ( la distribuzione dei diversi segnali tattili, provenienti da ogni  parte del corpo, sulla corteccia motoria e sensoriale), questa rappresentazione è stata denominata “homunculus” (motorio e sensitivo) per via della grottesca immagine che se ne ricava.

Osservando l’homunculus, come prevedibile, le zone del corpo più utilizzate e sensibili occupano una maggior superficie afferendo ad un numero maggiore di neuroni; evidente l’ampiezza dell’area occupata dalle dita e dalla mano (sia per la parte motoria che sensoriale) pari a quella che elabora gli stimoli di tutto il resto del corpo.

Per millenni le nostre mani e le nostre dita (con la peculiarità del pollice opponibile) ci hanno accompagnato nella nostra evoluzione, permettendoci nuove scoperte e straordinarie invenzioni.

Quello che, fin’ora,  ci ha contraddistinto e reso unici, da pochi decenni è in fase di repentino mutamento. Importanti studi  scientifici hanno già rilevato che le nostre nuove abitudini sono destinate a determinare prossimi e sostanziali cambiamenti cerebrali.

Lo sconcerto nasce dall’osservazione di quali abitudini son ormai consuetudine:

  • I piccolissimi, poco più che neonati, trasportati e tenuti costantemente semi-immobili a sedere in seggiolini leggeri e facilmente trasportabili. Dalla macchina a casa i piccini rimangono ore seduti in una posizione poco naturale per loro
  • I piccoli (uno o due anni) seduti nel loro passeggino che quando non sonnecchiano tengono in mano un ipad che, oltre a tranquillizzarli, li immobilizza ancora per un po’
  • Bambini ipnotizzati dalla televisione o davanti ai video giochi
  • Adolescenti fermi e silenziosi che “spippolano” di notte e di giorno su vari network con il cellulare in una sorta di immobilismo mentale
  • Adulti che hanno perso il gusto di guardarsi intorno, di vedere, osservare e vagano con lo sguardo fisso allo smartphone

Tutto quello che il nostro cervello aveva acquisito in millenni di movimenti prima grossolani e poi sempre più fini della mano rischia di essere perduto in una manciata di decenni.

Cosa ne sarà delle aree del cervello destinate al movimento degli arti o a riconoscimento degli stimoli tattici? Come saranno stimolati i nostri emisferi se non tenuti costantemente attivi?

Ecco il mio appello:

Riprendiamoci le mani. Riappropriamoci dell’uso delle mani e di tutte le nostre dita. Iniziamo ad osservarci e a giocare. Perchè non inventarci delle sfide: per esempio, chiudere la porta con la mano che non usiamo abitualmente, oppure dedicarci a cucire bottoni (con quattro fori) e fare giochi con il filo passandolo in modo incrociato o in verticale, divertiamoci con figli e nipoti a maneggiare morbido e colorato didò.  Stimoliamo i neonati ad esplorare, toccare, succhiare, leccare, rotolare, perché il loro cervello si espanda e si dilati; più i bambini giocano, manipolano, toccano, esplorano e più  acquisiscono strumenti per la loro crescita cognitiva in relazione allo spazio-tempo e alla coordinazione occhio-mano indispensabile per le abilità di scrittura e di lettura.

Lo so che per i genitori, spesso sfiniti da complicate giornate di lavoro o sovraccarichi di preoccupazioni, è più facile delegare a strumenti tecnologici tempo e attenzioni in cambio qualche attimo di serenità o silenzio, è comprensibile,  il mio invito è di non farlo sempre.

CONSIGLIO DI

Maria Cristina  Pedretti  pedagogista clinica,  Istruttore certificato Brain Gym® (kinesiologia educativa), esperta in tecniche energetiche e meditative, danza movimento creativo con qualche spruzzo di colore.
È operatore olistico trainer accreditato alla S.I.A.F. – Società Italiana Armonizzatori Familiari, Counselor, Counselor Olistici e Operatori Olistici, iscritta nel registro degli operatori olistici con il numero TO033T-OP. Professione intellettuale disciplinata dalla Legge n. 4/2013 e non da ordini e collegi.
[Dott.ssa Maria Cristina Pedretti]

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